Annarita Bentivoglio* – Marina Frontali**
Si è appena concluso l’ottavo meeting plenario del Network Europeo per la Malattia di Huntington. Oltre 900 partecipanti: l’incontro più numeroso che sia stato mai organizzato sulla Malattia di Huntington. Un incontro importante: abbiamo celebrato 10 anni di vita della rete. Io, Marina, Gioia ricordiamo bene come è iniziata la storia. Era il 2004, eravamo a Guadarrama in Spagna all’incontro che si tenne per lanciare l’iniziativa: un po’ scettiche, ma incuriosite dal progetto. Sembrava quasi troppo bello per essere vero: finalmente fondi per studiare la MH, qualcuno che credeva di riuscire a trovare finalmente il bandolo di una matassa che proprio non si riusciva a districare, nonostante gli anni fossero passati dalla scoperta del gene. Un giovane neurologo tedesco semisconosciuto, pieno di entusiasmo, di energia, e di speranza, Bernhard Landwhermeyer, è riuscito, con intelligenza e organizzazione, a coinvolgere nell’impresa neurologi, genetisti, psicologi, fisioterapisti, assistenti sociali e soprattutto le famiglie degli affetti e le loro associazioni.
Eccoci qui, 10 anni dopo. I nostri centri italiani, le associazioni, le famiglie, i pazienti: tutti dentro la famiglia HD, tesi verso un progetto di cui finalmente si vedono i contorni da vicino.
Un passo indietro: cosa è successo negli ultimi 10 anni: una ad una le nazioni europee si sono aggiunte alla rete, in ogni nazione il numero di centri è cresciuto l’interesse dei neurologi verso la HD, insieme alla consapevolezza che si può fare qualcosa per migliorare la qualità della vita dei pazienti (prima ricaduta positiva della rete) , ogni centro ha iniziato a visitare i pazienti adeguandosi ad uno stile comune, perché i medici si sono confrontati in merito a come valutare i pazienti e come dare sollievo ai sintomi (seconda ricaduta positiva: lo “standard of care”).
Ben 13.000 tra pazienti e familiari, a rischio e non, sono stati inseriti nel registro con il contributo di tutte queste persone che hanno generosamente accettato di partecipare al registro, abbiamo ora una migliore conoscenza della progressione della malattia, delle anomalie che precedono la comparsa dei sintomi, dei modi più efficienti per misurare gli effetti delle nuove terapie, anche in chi sia destinato ad ammalare in futuro, consentendo la sperimentazione di terapie che prevengano o ritardino l’insorgenza dei sintomi. Abbiamo provato diversi farmaci per capire se, mentre gli scienziati di base lavoravano in laboratorio per sconfiggere gli effetti nocivi della huntingtina mutata , potevamo trovare farmaci in grado d’alleviare i sintomi della malattia. Abbiamo raffinato le nostre armi, abbiamo imparato a condurre gli studi clinici in modo più efficiente. Ora noi clinici siamo pronti.
Buone notizie vengono dalle retrovie. I “ragazzi” in laboratorio hanno fatto un lavoro incredibile. Molti gruppi hanno studiato in che modo la proteina mutata danneggi la cellula. Capire le tappe del danno cellulare e quali altre proteine entrino nel meccanismo potenziando il danno è stato essenziale: queste sostanze e la loro interazione costituiscono i l bersaglio specifico e selettivo dei farmaci che devono essere sperimentati. Le molecole da provare sono in sperimentazione presso i laboratori di 25 aziende, oltre la CHDI, stanno lavorando instancabilmente e questo non poteva non dare buoni frutti.
Diverse molecole sono pronte per la sperimentazione umana: nel 2015 si prevede che oltre 1200 pazienti saranno coinvolti in studi clinici per verificare se quanto è stato visto in laboratorio è vero anche nelle persone malate o destinate ad ammalare, questa volta non si tratterà solo di farmaci sintomatici (quelli che attenuano i sintomi) ma di sostanze che interferiscono con i meccanismi della malattia sia nell’espressione del gene malato che nell’interrompere l’effetto della proteina mutata dentro le cellule.
Dobbiamo restare con i piedi per terra, ancora potrebbe essere necessari svariati anni prima di avere in mano molecole che possano modificare (sperabilmente interrompere) il progresso della malattia, però è giusto essere ottimisti e prepararci per delle grandi opportunità.
Bernhard ha chiuso l’incontro facendo un parallelo fra il percorso travagliato che ha portato alla scoperta della causa della TBC e della sua cura e quello che stiamo vivendo nella ricerca nell’ambito della HD. La TBC ha falciato migliaia di vite umane nel XIX secolo, e fra la scoperta del bacillo e la cura sono trascorsi oltre 60 anni: di tentativi, di fallimenti, di nuovi tentativi… e finalmente la cura. Ci piace riportare a tutti voi anche la frase che Bernard ha citato: “La via del successo si costruisce passando da un fallimento all’altro, con immodificato entusiasmo!” Questa frase è di un uomo che di strategia e di successo ha capito molto: Winston Churchill!
Dunque, appuntamento a dicembre, nel corso dell’abituale appuntamento di fine anno con AICH Roma, per raccontare in modo più dettagliato quanto è stato riportato durante il meeting di Barcellona e come la futura sperimentazione abbia estremo bisogno della partecipazione di tutte le famiglie. Vi aspettiamo numerosi!
*neurologa del Policlinico Gemelli – **genetista del CNR
Fonte: AICH Roma Onlus